Madre delle ossa è un romanzo dark weird con elementi di orrore e realismo magico immersi nella mitologia della storia ucraina o più in generale dell’Est Europa. Riesce ad integrare argomenti come magia, surrealismo, mitologia e inquietante in un contesto di guerra e di pregiudizio contro il popolo europeo, il tutto cadenzato in una forma originale, formato da racconti indipendenti che vanno a formare un puzzle distorto.
Devo assolutamente parlare di Madre delle ossa, del libro che, ad ora, è stato senz’altro tra i migliori che abbia letto quantomeno negli ultimi anni e che mi ha aperto le porte ad una nuova forma di letteratura, un genere completamente originale e spiazzante, da parte di un autore maturo e visionario, col quale è nato un bellissimo dialogo e si è creata una bella sintonia personale.
Ringrazio Giorgio Raffaelli, di Zona42, per avermi fatto scoprire questo piccolo tesoro.
In origine: tre villaggi e i loro abitanti, una fabbrica di porcellana e i suoi segreti, intere generazioni cresciute in simbiosi con antiche creature. All’alba del XX secolo la guerra sconvolge la vita della comunità e, insieme agli invasori, l’attacco della spietata polizia della notte tenta di sradicarne l’esistenza assediando i luoghi dove la popolazione ha trovato rifugio. I profughi si nasconderanno, muovendosi tra gli interstizi della modernità, per mantenere vivi i ricordi e la memoria, nell’attesa di una rinascita. David Demchuk fa rivivere le sinistre creature del folklore slavo mescolandone il racconto all’esistenza degli esseri umani cui sono intimamente legate in una raccolta di ritratti indimenticabili che compongono un mosaico di storie terribili e commoventi. Costretti a una diaspora secolare ma legati inesorabilmente alle proprie origini, i protagonisti di Madre delle ossa troveranno nel racconto del proprio destino un’esile possibilità di sopravvivenza.
Madre delle ossa è un libro ma è anche una raccolta di racconti, che però sono un libro solo.
L’autore ha voluto prendere a piede mani dalla sua esperienza come sceneggiatore, giornalista, drammaturgo e scrittore teatrale e creare un qualcosa di unico.
Ogni racconto è aperto da una fotografia antica, anonima, senza nessun riferimento, attorno alla quale David Demchuk ha creato il cardine del racconto che la segue, e va ad intrecciarsi, esplicitamente o meno, al mondo nel quale si muove la storia pazzesca che si ricompone frammentata nella lettura del libro nella sua completezza.
Vediamo storie di streghe mangiatrici di bambini, medium, spiriti intrappolati nello specchio e molte altre creature che si potrebbe non conoscere perché rientranti nel pantheon culturale di un est-Europa che non è facile conoscere, così lontano dal mondo immaginifico mainstream nel quale siamo immersi.
La maggior parte di queste storie si svolge in luoghi non perfettamente chiari in Ucraina e si concentra principalmente sui tre villaggi vicini alla misteriosa e Burtoniana Fabbrica di Ditali.
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Apprendiamo che coloro che abitano in questi villaggi devono scontare un periodo obbligatorio di cinque anni di lavoro in fabbrica e, se sopravvivono, avranno guadagnato una pensione che può sostenere se stessi e le loro famiglie per tutta la vita. Se non sopravvivono la fabbrica pensa ad occuparsi del corpo e del funerale, e gli anni non ancora scontati possono essere svolti da qualcun altro che se ne faccia carico. Questo complesso industriale è così importante che da numerosi villaggi limitrofi, durante un periodo di carestia, venivano mandati aiuti alimentari e di altro genere per tenere la fabbrica in piedi.
Mentre ricostruiamo la storia di questi eventi e di questo luogo misterioso ed inquietante, veniamo intrattenuti da racconti fantastici di creature partorite dagli incubi del folklore slavo tra fantasmi, orribili strigoi, infide rusalkas, pericolosissime nyavkas.
Ma, forse, più pericolosa di tutti è la creatura polimorfa che viene temuta col nome di Nichni Politsiyi, la Polizia della Notte, esseri umani di cui non si sa nulla e di cui nessuno conosce davvero scopi o quant’altro. Anche quando i personaggi sono stati costretti ad allontanarsi dai loro villaggi – in città più grandi o addirittura in paesi diversi – i loro fantasmi e demoni li seguono; una remota fattoria nel Manitoba non è fuori dalla portata del Nichni Politsiyi.
Ogni racconto che compone Madre delle ossa, come già detto, è come un pezzo di un puzzle che prende forma man mano che i pezzi vengono messi al proprio posto nel quadro generale, e non pensate che sia una cosa facile o diretta.
Così come ogni pezzo va analizzato, immaginato, inquadrato e necessita di rompere gli schemi dello spazio per posizionarlo, ogni racconto andrà scomposto e destrutturato per metterlo nella giusta posizione.
Ogni racconto è aperto da una fotografia, di quelle vecchie, rovinate, in bianco e nero o in color seppia che sopravvivono nei decenni alla persona stessa che ritraggono. Ho letto che le foto sono attribuite al fotografo rumeno Costică Acsinte e scattate tra il 1935-45. Anonimi soggetti tra i più diversi sono i volti dei personaggi che prenderanno poi vita – si fa per dire – nel racconto che le segue, lasciando a volte il dubbio che non si tratti davvero delle loro foto reali.
Lo scopo dell’autore era, per rimanere fedele alla sua formazione di sceneggiatore, che le immagini venissero trasmesse sullo sfondo di un palco e accompagnassero la lettura del racconto come un ricordo che si sbiadisce.
Pieno zeppo di riferimenti culturali di un periodo e di un’area che tutt’oggi sono ancora incerti e poco conosciuti, Madre delle Ossa esplora la realtà dell’Holodomor, una devastante carestia che ha colpito le terre slave dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che i racconti lasciano implicito che il crollo della natalità durante l’Holodomor potrebbe non essere stato un processo naturale, con riferimenti a fatti orribili e disgustosi della storia come la Notte dei Cristalli. I racconti sono zeppi di riferimenti anche al folklore oscuro slavo che mi hanno incuriosito e lasciato con la curiosità di andare a cercare più materiale che potessi trovare per saperne di più.
David Demchuk ha un modo meraviglioso di raccontare storie. Sembra così naturale, come se queste storie fossero resoconti reali di eventi così come li ha vissuti il narratore e che rende la lettura del romanzo ancora più immersiva e suggestiva senza mai essere prolissa o eccessiva.
Consiglio vivamente Madre delle ossa su tutta la linea, un libro weird soprannaturale, horror ed enciclopedico, disturbante e accattivante, per tutti, magari non se siete a casa da soli a notte fonda…
Chi è David Demchuk? [autore]
David Demchuk è un drammaturgo e romanziere canadese, che ha ricevuto una nomination allo Scotiabank Giller Prize nel 2017 per il suo romanzo d’esordio The Bone Mother. Originario di Winnipeg, Manitoba, si è trasferito a Toronto, in Ontario, nel 1984.
Nel 1992 il suo Touch è stato incluso in Making Out, la prima antologia di opere teatrali canadesi di scrittori gay, insieme a opere di Ken Garnhum, Sky Gilbert, Daniel MacIvor, Harry Rintoul e Colin Thomas. Dopo la metà degli anni ’90, Demchuk smise di scrivere nuove opere teatrali, concentrandosi sul suo lavoro alla Canadian Broadcasting Corporation e sulla scrittura di sceneggiature per radio, cinema e televisione.
Nel 1999 ha scritto il radiodramma Alice in Cyberspace, una rielaborazione contemporanea di Alice nel Paese delle Meraviglie che è andato in onda per dieci episodi su This Morning di CBC Radio. I suoi altri drammi radiofonici includevano Alaska, The Island of Dr. Moreau e The Winter Market.
Nel giugno 2012, è diventato uno scrittore collaboratore per la rivista online Torontoist.
The Bone Mother è stato pubblicato nel 2017 da ChiZine Publications. È stato il primo romanzo a tema horror a ricevere una nomination per il Giller, un premio più comunemente associato alla narrativa letteraria convenzionale piuttosto che alla narrativa di genere. Il libro è stato anche finalista per l’amazon.ca First Novel Award nel 2018.
Il suo nuovo romanzo, RED X, edito da Strange Light, un’etichetta di Penguin Random House, è uscito il 31 agosto 2021.