Ringrazio ancora Triskell edizioni per aver selezionato per me questo titolo horror/thriller della loro collana Redrum dedicata all’horror: Little Girls di Ronald Malfi, di recentissima uscita.
La storia che viene raccontata è cruda, cupa e per nulla leggera.
Gli argomenti trattati sono seri e pesanti e, purtroppo, non hanno nulla a che fare col soprannaturale.
Purtroppo perché certe cose sarebbe meglio fossero solo una orrenda invenzione frutto di una mente malata o, nel migliore dei casi, inserite in un diverso contesto.
Ho trovato un aggettivo che non faceva che venirmi alla mente durante la lettura dell’ultima parte (la prima metà abbondante è molto descrittiva ed è una narrazione lenta e precisa, ma ne parliamo dopo) e questo aggettivo è “disturbante”.
Disturbanti gli argomenti trattati, disturbante il modo in cui vengono affrontati, disturbante la maniera in cui sono stati usati per adattarsi alla storia e portarla ad una conclusione raffazzonata.
Accanto aggiungerei anche sbrigativo ed agghiacciante, ma ci arriveremo.
Laurie, la protagonista, madre e moglie, riceve la notizia della morte del padre, uomo che ha abbandonato da bambina quando la madre divorzia e che per lei è poco più di un perfetto sconosciuto.
Intorno alla morte dell’uomo aleggia un alone di mistero quando Laurie scopre che il padre si è apparentemente buttato da una finestra durante un supposto stato di delirio da demenza senile.
Si trasferisce quindi alla casa del padre, lontana dalla propria, con marito (fedifrago oggetto impersonale bambinesco dotato della personalità di un sasso smussato) e la figlia, ragazzina di undici anni che ragiona come una bambina di 3.
Per buona parte del romanzo, più della metà, Laurie si strugge in qualcosa di non meglio definito, sicuramente aveva problemi col padre, che non vengono mai esplicitati, uomo ricchissimo che lascia in eredità una villa immensa e diecimila dollari.
Sappiamo che c’era una bambina, vicina di casa quando Laurie era piccola, che morì disgraziatamente in un qualche modo e che assomiglia ad una bambina che si aggira nel giardino di casa, la somiglianza la vede solo Laurie, nessun altro; scopriamo che le badanti del padre che lo hanno assistito negli ultimi anni di vita sono state traumatizzate dall’esperienza, quasi impazzite.
Sappiamo che c’è una forza di polizia completamente a caso, praticamente inutile e stereotipata, che compare senza motivo ad intervalli irregolari, cosi come il curatore testamentario del padre, descritto e nominato per pagine e pagine e completamente ed assolutamente inutile alla storia.
Una successione completamente irrealistica di ragionamenti porta Laurie a scoprire degli inconfessabili e dannatamente disturbanti segreti del padre fino ad un climax (parte più bella del libro, ammettiamolo) che è una via di mezzo tra un sonno febbricitante di una donna traumatizzata da diversi eventi (che non specifico per non fare spoiler) e un qualcosa di soprannaturale di cui non si intendono bene le intenzioni (né il motivo per cui compare).
Il finale è aperto, poco comprensibile (basta seguire i commenti su Goodreads dell’edizione americana per rendersi conto di non essere gli unici ad essersi chiesti, al termine della lettura, se non mancassero ancora almeno duecento pagine) e… sbagliato. Mi ha lasciato un pesante senso di insoddisfazione.
La storia è molto, molto verbosa, come se più di metà del libro fosse dedicata ad una attenta descrizione esplicativa, che segue passo per passo quello che fa il personaggio, rendendo il tutto molto descritto e poco mostrato.
Pagine e pagine di dettagli inutili alla storia, alla trama o al momento particolare in cui vengono scritte che portano ad una conclusione a cui la mente del lettore è talmente distratta che il libro è un lento trascinarsi di una storia dalle tinte volutamente macabre e dai temi troppo seri per un contesto del genere.
Il problema è che questo porta inevitabilmente alla perdita totale di interesse nel momento in cui si arriva alle parti che interessano a chi vuole approcciarsi a una lettura del genere cioè quelle shockanti o, suppongo, spaventose.
Il finale, ripeto, è stato terribile. Pigro. Completamente ambiguo.
Non risponde a una sola domanda, non spiega nulla (a parte un pallido, inutile tentativo nella parte conclusiva di sollevare il livello del tutto con questioni al di la della portata del tipo di titolo che è proposto).
Per chi si chiede a cosa mi riferisco dico solo, per non fare spoiler, che non si saprà nulla di Abigail, nella governante, del curatore testamentario…
Giusto il movente dell’incoffessabile crimine commesso (di cui si scopre l’esistenza credo nelle ultime tre pagine) viene raffazzonato alla fine, lasciando aperta la domanda: è tutto frutto della mente di Laurie o c’è una sorta di bambina-demone che l’ha perseguitata?
La risposta c’è, in realtà.
Consigliato?
No.
Non saprei a chi consigliarlo, forse a chi vuole uscire da una comfort zone di Kinsellesca o Mocciana tradizione e vuole sperimentale il thriller/horror andandoci coi piedi di piombo.
Ronald Malfi è un autore pluripremiato di numerosi romanzi horror, mistery e thriller.
Ha ricevuto due Independent Publisher Book Awards, il Beverly Hills Book Award, il Vincent Preis Horror Award, il Benjamin Franklin Award per Popular Fiction ed è stato candidato al premio Bram Stoker.
Riconosciuto per il suo stile inquietante, letterario e memorabile, la dark fiction di Malfi è diventata popolare tra i lettori di tutti i generi.
È nato a Brooklyn, New York nel 1977, e alla fine si è trasferito nella zona di Chesapeake Bay, dove attualmente risiede con sua moglie e due figlie.