Recensione Ruggine – Francesco Vicentini Orgnani, Fabiana Mascolo

Per proteggersi dal dolore, uno dei metodi più antichi conosciuti dall’uomo è quello di forgiarsi un’armatura. Perché non dovrebbe valere anche per il dolore di una separazione? Ecco cosa si chiede Tullio, universitario che dopo la rottura con la sua fidanzata storica decide di rinchiudersi in se stesso per non soffrire più. Se nulla può raggiungerlo, nulla potrà fargli più male… Ma quale sarà il prezzo da pagare? La graphic novel di due giovani e talentuosi autori che indagano con grande delicatezza i problemi e le relazioni dei millennials.

 
Non è da me voler fare un discorso di tipo sociologico sul rapporto che ha la comunità sull’individuo oggi, non ne ho le competenze e non mi arrogo il diritto di poter parlare scientificamente di fatti che esulano dalla mia formazione.
La mia è solo una riflessione, un pensiero, un discorso tra persone in coda alla casse del supermercato, in sala d’attesa dal medico o seduti a fissare il tabellone dei numeri alle poste.
Ecco, questo fumetto mi ha fatto riflettere sull’importanza del rapporto umano interpersonale sopratutto nell’attuarsi del supporto al momento di bisogno di una persona, vicina o meno che fa parte della nostra comunità, della nostra cerchia, del nostro quotidiano
.
Purtroppo siamo sempre più portati a costruire muri e barriere come armature intorno a noi per combattere sulla difensiva il nostro prossimo e gli avvenimenti della nostra vita dimenticandoci che sotto un certo punto di vista è proprio nella comunità che l’uomo può realizzare se stesso anche come individuo e trovare risposte alle domande e sostegno nel momento del bisogno.
Prima dell’avvento della globalità, del tutto e subito e del prendi che te lo meriti, era diverso il modo in cui si percepiva ciò che avevamo accanto.
Si chiedeva aiuto, ci si aiutava e, spesso, ci si salvata da baratri oscuri dai quali non si sarebbe mai più tornati.

 

Vero anche il contrario, non nascondiamo la testa sotto un cumulo di terra: la comunità può anche rivelarsi una forma di castrazione dell’individualità e di repressione della propria indipendenza ma è anche vero che vorrei concentrarmi su ciò che di positivo la mia generazione non ha percepito da quella precedente e che, malgrado tutti i buoni propositi, non avranno mai le generazioni future anche se qualche raggio di speranza si vede all’orizzonte.
Cosa c’è che non va oggi?
Cosa è cambiato nella società dei Millenials, protagonisti apatici del nostro tempo e annoiati abitatori dell’attuale mondo adulto e quasi adulto?
Oggi assistiamo ad una società così interpersonale e così varia ma stereotipata che si riversa con una sensazione di disarmonia nella personalità dei cosiddetti Millennial, ragazzi cresciuti a cavallo tra il vecchio e questo millennio e che oggi si trovano a vivere in un mondo che non soddisfa le loro aspettative formatesi negli anni in cui le loro personalità si andavano definendo.
Un’epoca di bagordi, di capitalismo estremo, governato dal consumismo, dall’eccesso e dalla superficialità li ha preceduti e che oggi si trova a combattere una realtà ben più dura e pregna di ignoranza e disconnessione dalla realtà
Assenza di amore e rispetto reciproco che si manifesta in lontananza, freddezza di rapporti e distacco dalla realtà.
A proposito di rispetto, in questa graphic novel, si ha un momento in cui il concetto viene perfettamente espresso quando il protagonista si trova a discutere con il suo gruppo di amici dopo lungo periodo di assenza causata dal dolore che ha provocato la fine della sua relazione, segnata tra l’altro dal tradimento, e gli amici che lo supportano scherzano, ridono, parlano d’altro e tergiversano mancando di rispetto e di empatia al loro amico.
Perché non c’è tempo e non c’è spazio per i sentimenti e i sentimentalismi, per l’essere abbattuto e l’aver bisogno di qualcuno che ti ascolti e ti comprenda, in questo tempo dove una cosa che si rompe si compra nuova e non si cerca di ripararla, gettandola alle ortiche, dimenticandola e non pensandoci più.
Passa quasi il protagonista dalla parte del torto, del disadattato, soffocato dalle voci di coloro che gli stanno accanto che invece che aiutarlo, lo portano a forgiare l’armatura che si porterà addosso fino alla fine.
Forse qualcuno dei miei lettori apparterrà alla generazione che ci ha preceduto, molti saranno immersi nella crisi del Millennial ma sicuramente alcuni saranno già in quella successiva, che ancora non conosciamo del tutto, che è figlia della nostra. Siamo però tutti cresciuti in una società in cui “si beve, si mangia e l’amore si fa“; ci si trova a non avere nemmeno le armi per poter combattere in una realtà egoistica ed egocentrica, spinti dall’individualismo capitalista che ci porta a centralizzare le aspettative sull’individuo e cosi la sua realizzazione personale.
Siamo costretti a creare armature, a costruirci maschere e indossare costumi di scena per poter sopportare le difficoltà della quotidianità, siamo costretti a mandare giù inutili bocconi amari e digerirli da soli.
Il rapporto umano, lo scambio affettivo ed empatico, la disponibilità all’apertura e alla condivisione di noi stessi oggi è cosi rara e poco definita che è difficile anche riflettere sulla sua assenza.

 

Un tizio ha detto che quando un uomo solo è solo, lo è anche in mezzo a una folla. Oggi siamo una folla di uomini soli.

Ditemi cosa ne pensate, cosa vi porta a riflettere e datemi oggettivamente spunti ottimistici su cui tornare sui miei passi di riflessione.

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