Recensione Binti – Nnedi Okorafor

Oggi finalmente torniamo nel pieno cuore della mia comfort zone, la mia adoratissima fantascienza. Anche se l’entusiasmo iniziale è stato un po’ smorzato in corso di lettura, poi vi spiegherò il motivo, questo è un testo che senz’altro fa ed ha fatto parlare di se. Ringrazio i ragazzi della Oscarvault per avermene fornito una copia così da potervela presentare prima di Natale, così soprattutto da rinfoltire la lista dei regali di quest’anno!

Binti è una storia che pretende molto dal lettore. Va letta e interpretata, contestualizzata e valutata con attenzione. L’introduzione ci racconta di una autrice attenta a quello che è il mondo della discriminazione, razziale o di genere, vuole combattere contro il luogo comune e la considerazione della persona ottusa senza mai condannarla ma quasi abbracciandone la posizione e comprendendola, per guidarla verso un’ottica comprensiva e illuminata. Non posso negare che centri l’obiettivo, che riesca pienamente nel suo intento e che si faccia comprendere su tutti i livelli. In fondo, quasi tutto il testo non fa che ripetere in modo quasi incessante (e a volte un po’ insistente…) il concetto di base del punto di vista della protagonista, discriminata per mille motivi e da tutti quelli che la circondano, che quasi si culla nel disprezzo di tutti per crearsi un’identità più forte e completa.

Il testo si compone di tre racconti lunghi e uno breve che, insieme, formano la storia di Binti, una ragazza sedicenne membro della tribù africana Himba, in un remotissimo ma mai definito futuro, che sgattaiola via da casa sua per imbarcarsi per Oomza Uni, una scuola superiore avanzata che occupa l’intero omonimo pianeta. I membri della tribù Himba sono tecnologicamente avanzati (in teoria, non è ben chiaro) ma socialmente isolati dagli altri abitanti della Terra.

La famiglia la condanna e le proibisce di accettare una borsa di studio che le assicurerebbe il futuro e la conoscenza di altre culture aliene perchè la chiusura sociale del popolo Himba glielo proibisce. L’orgoglio per la sua tribù non viene mai abbandonato, nonostante venga spesso accantonato o in favore di ciò che Binti vede come giusto. Binti è una armonizzatrice (non fatevi problemi, non saprete mai cosa significa) ed è molto dotata nel campo della ramificazione matematica (idem come prima, prendetelo per un dato di fatto perchè se no rischiate di impantanarvi) e questo le ha garantito di imparare a costruire astrolabi nel negozio del padre (ancora, niente risposte, se non che gli astrolabi sono fondamentalmente dei cellulari alimentati a… equazioni… no, non scherzo, è cosi…).

 

Ma siccome la madre è una armonizzatrice (aridaje) le vuole impedire di seguire i suoi sogni e obiettivi (rivelandosi poi la prima a sostenerla alla luce dei suoi successi in una rapida plot correction nel secondo libro). Insomma lasciamo perdere i dettagli, Binti parte per il pianeta che ospita questo centro di studi galattico, residenza delle scienze e della cultura dei popoli della galassia (sempre, niente di specifico) dove degli studenti hanno menomato e privato del suo aculeo, un generale del popolo nemico, una Medusa, per esporla in un museo al pubblico ludibrio delle folle. I saggi studiosi delle arti galattiche.

La prima novella, Binti, ha vinto entrambi i premi Hugo e Nebula, credo in gran parte optati sulla forza del suo personaggio principale, di minoranza, altamente insolito (che, per essere onesti, è una grande eroina da YA) e per la sua incorporazione delle attuali questioni sociali. Binti è sorprendente e complessa, con motivazioni miste ed emozioni che non capisce sempre (e temo nemmeno il lettore). Si partiva da una buona base, un’ottima idea e un realismo coinvolgente, anche se i continui scoppi emotivi di Binti diventano noiosi da leggere dopo un po’. Indubbiamente arricchente e appagante l’immersione nella cultura della sua tribù, inclusa la pratica delle donne Himba di coprire la pelle e i capelli con otjize, una miscela di argilla rossa (una pratica che Binti segue con dedizione, anche quando è lontana anni luce da casa sua, e che ripete a lungo, molte e molte volte). Allo stesso tempo, Okorafor affronta molteplici problemi sociali, come l’insensibilità culturale, trovando connessioni con coloro che sono diversi a difendersi dalla pressione sociale. Gli Himba sono guardati dall’alto in basso dai Khoush che sono la maggioranza, e gli Himba a loro volta guardano dall’alto al basso il Popolo del Deserto, o Zinariya, che in realtà sono molto più avanzati di quanto chiunque al di fuori della loro tribù realizzi. Ma, a parte l’insolita eroina di minoranza e l’ambiente africano, la trilogia di Binti mi ha ricordato più un mediocre romanzo fantasy YA, abbastanza standard.

C’è lo speciale personaggio principale che salva un mondo nonostante la sua giovinezza, uno o due interessi amorosi, l’establishment patriarcale contro cui il personaggio principale combatte e altro ancora (incoerenze varie e neologismi buttati a caso per “fare fantascienza”). Forse l’attenzione di Okorafor alla crescita interna e alle turbolenze di Binti e alle questioni sociali l’ha portata a non pensare attraverso la logica della trama con la stessa attenzione che avrebbe potuto avere. Tuttavia, per me, l’eroina deliziosamente unica, la sua cultura e la storia della crescita personale più che compensano le debolezze della trama. Il problema è che ci si aspetta di trovarsi di fronte ad una storia di fantascienza mentre quella che ci si ritrova a leggere è una storia fantasy con una trama talmente confusionaria e piena di aggiunte non necessarie che rendono la lettura un po’ ostica.

Consiglio? Non si può che dire che less would have been more. Troppo, troppe cose che non vengono spiegate, troppe cose che capitano a Binti, troppi fatti che capitano senza capo né coda, una forma di “magia” senza nessuna attinenza con la trama, nessun chiarimento in corso d’opera, nessuna coerenza. Purtroppo per me non ha superato il test di primo impatto, e forse questo ne ha causato un occhio pregiudizievole fin dall’inizio, ma mi sono trovato fin troppo spesso, mio malgrado, ad evidenziarne i lati negativi rispetto a quelli positivi.

Chi è Nnedi Okorafor?

Nnedi Okorafor (Cincinnati 1974), di origini nigeriane, insegna scrittura creativa all’università di Buffalo ed è autrice di numerosi libri per adulti e ragazzi. Oltre a Binti, ricordiamo Chi teme la morte (miglior romanzo al World Fantasy Award 2011 e attualmente in corso di adattamento come serie televisiva HBO), Laguna e Akata Witch.

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